
ASTRONAUTICA, ISS — Durante il fine settimana la NASA ha confermato ufficialmente, e in modo inequivocabile, che SpaceX diventerà presto la prima compagnia privata nella storia a inviare astronauti sulla International Space Station (ISS). L’azienda di Elon Musk utilizzerà per lo scopo la sua navicella Crew Dragon, che ha raggiunto le strutture di elaborazione di SpaceX in Florida lo scorso 13 Febbraio. Pare che, ad oggi, che tutta la componentistica necessaria per portare a termine la missione sia ormai pronta.
Fra le componenti essenziali abbiamo il razzo Falcon 9 B1058, lo stadio superiore di Falcon 9 e la capsula C206 Crew Dragon, tutte collaudate e in preparazione per il volo finale a Cape Canaveral in Florida. È comunque da specificare che il primo volo “Demo-2” di Crew Dragon è previsto non prima di due o tre mesi da oggi, con una dichiarazione pubblica da parte della NASA che appare quanto mai atipica per i canoni dell’agenzia spaziale americana. La conferma ufficiale, infatti, potrebbe implicare brutte notizie per Boeing e Starliner. Boeing e SpaceX hanno ottenuto l’accordo con la NASA sotto il Commercial Crew Program durante il 2014, la prima con un premio di 5,1 miliardi di dollari, la seconda ha invece ricevuto 3,1 miliardi di dollari. Le due società hanno così iniziato a lavorare su due veicoli separati per il lancio di equipaggio, Starliner e Crew Dragon, con l’intenzione di trasportare gli astronauti della NASA da e verso l’ISS. Durante l’iter di sviluppo della tecnologia Boeing ha dovuto affrontare diverse problematiche, esplose poi a fine 2019. La NASA aveva pubblicato un tweet, poi rimosso insieme al post sul blog ufficiale, in cui il testo era inequivocabile: “La navicella SpaceX Crew Dragon assegnata al primo lancio con equipaggio da terra americana dal 2011 è arrivata al sito di lancio”. Sia il tweet che il post del blog contenevano lo stesso testo, tuttavia sono stati cancellati a quanto pare per evitare cattive interpretazioni. Adesso il testo è leggermente differente: “Questa navicella SpaceX è arrivata al sito di lancio per la sua prima missione con equipaggio”.
ASTEROIDI – ASTROFISICA — Un meteorite sarebbe precipitato al suolo ad Alwar, in India, provocando un cratere di circa sei metri. Diversi video delle camere di sicurezza mostrano il momento in cui il frammento spaziale illumina il cielo fino a schiantarsi sul suolo. L’impatto dei meteoriti sulla superficie terrestre rappresenta un fenomeno raro; spesso l’atmosfera ”brucia” questi piccoli oggetti celesti, prima che raggiungano il suolo. Secondo le ricostruzioni la roccia spaziale non ha colpito alcuna area residenziale, ma una zona industriale non abitata. L’evento è avvenuto lo scorso 12 febbraio alle 5 del mattino (ora locale). Un potente boato ha svegliato la popolazione nella notte, atterrita anche dalla forte luminosità dell’oggetto, descritto come una palla di fuoco con una tonalità tendente all’arancione. Il bagliore ha illuminato il cielo per centinaia di chilometri, fino alla capitale Nuova Delhi. I testimoni sono concordi nel descrivere l’oggetto come una ”palla di fuoco” con una lunga scia che si dirigeva verso la terra. In ogni caso numerosi dettagli dell’evento di Alwar non sono ancora chiari, come la dimensione dell’oggetto.
GEOFISICA, ASTROFISICA, LA FINE DELLA TERRA — È difficile credere che l’intera vita sulla Terra possa finire. Eppure esiste un limite certo alla durata della vita sulla Terra, ed è la fine della Terra stessa. Nel giro di 7 miliardi e 600 milioni di anni circa da oggi il Sole avrà raggiunto la prossima fase della sua evoluzione, diventando una gigante rossa. Espandendosi oltre 200 volte il suo raggio attuale, alla fine inghiottirà il nostro pianeta. Oggi però sappiamo che la Terra potrebbe diventare inabitabile molto tempo prima. Tempi e modi sono difficili da prevedere, ma grazie a modelli matematici sempre più raffinati iniziamo ad avere un quadro chiaro del destino ultimo della vita. Secondo gli autori dello studio, tenendo conto di questi numerosi fattori risulta che la biosfera entrerà in crisi già tra 170-500 milioni di anni e cesserà di esistere circa tra 1 miliardo e 600 milioni di anni, in buon accordo con varie previsioni precedenti. Il motivo? Un grande riscaldamento globale, ma non quello di cui ci preoccupiamo oggi. A uccidere la vita sarà la stessa fonte che oggi la sostiene, il Sole. La nostra stella non è statica, ma diventa sempre più calda e luminosa fin dalla sua origine. Un processo lentissimo, che – è bene ribadire – non ha alcun rapporto con l’attuale crisi climatica. Sulla scala dei miliardi di anni l’evoluzione solare è però la tendenza dominante che stravolgerà il clima. Più caldo significa, è vero, siccità e desertificazione in varie regioni, ma significa anche una maggiore evaporazione di acqua dagli oceani e quindi, in complesso, un aumento delle precipitazioni. Queste piogge più intense faranno saltare il bilancio dell’anidride carbonica in atmosfera: non perché ce ne sarà troppa, come oggi, ma perché, prevedono tutti i modelli, ce ne sarà troppo poca. Più piove, infatti, più l’anidride carbonica verrà catturata dall’acqua delle piogge e assorbita dalle rocce, sotto forma di carbonati. Oggi le rocce contenenti carbonati finiscono nel mantello terrestre grazie ai processi geologici e da lì l’anidride carbonica ritorna in atmosfera attraverso i vulcani. Ma con il passare dei milioni di anni l’interno della Terra sarà sempre più freddo e viscoso. Contemporaneamente all’aumento delle piogge, l’attività geologica sulla Terra del futuro rallenterà: l’anidride carbonica, quindi, non riuscirà più a essere riciclata e piano piano verrà tutta intrappolata nella crosta terrestre. Così avrà inizio la prima grande crisi ecologica del futuro remoto, ovvero la morte delle piante. Le piante usano la luce solare per trasformare l’anidride carbonica dell’atmosfera in zucchero, rilasciando ossigeno: è la fotosintesi. Senza anidride carbonica la fotosintesi cessa di funzionare e le piante muoiono letteralmente di fame. La maggior parte, inclusa la quasi totalità degli alberi, potrebbe quindi estinguersi già in 170 milioni di anni e al massimo entro 500 milioni di anni. A prendere il sopravvento saranno le cosiddette piante C4, fra le quali oggi ci sono il mais e le erbe, la cui fotosintesi più efficiente permetterà loro di sfruttare la poca anidride carbonica residua fino a 840 milioni di anni nel futuro. Dopo quella data, la fotosintesi come la conosciamo diventerà impossibile, portando al collasso degli ecosistemi, al crollo dell’ossigeno in atmosfera e alla fine di tutti gli organismi di grandi dimensioni. Sarà un mondo molto più desolato, ma la vita non demorde. Organismi unicellulari e forse organismi pluricellulari semplici, capaci di vivere con poco o nessun ossigeno, potrebbero resistere ancora a lungo, specie negli oceani. Sarà un po’ un ritorno alle origini: la Terra futura, deserta e senza ossigeno, somiglierà alla Terra primordiale. Ma è solo questione di tempo. Sotto un Sole sempre più caldo a un certo punto l’evaporazione degli oceani supererà un punto di non ritorno. Il vapore acqueo è infatti un potente gas serra, e oltre una certa soglia si innesca un circolo vizioso in cui l’evaporazione induce un aumento della temperatura, che a sua volta accelera l’evaporazione. A quel punto in poco tempo la temperatura alla superficie oltrepasserà i 100 gradi. Nel giro di 1 miliardo e 600 milioni di anni circa da oggi gli oceani evaporeranno del tutto e la temperatura della Terra potrebbe arrivare a oltre 150 gradi. Qualche batterio capace di sopravvivere a temperature anche di 100-120 gradi – come gli organismi ipertermofili che oggi esistono in alcuni ambienti estremi in zone vulcaniche – potrebbe cavarsela per un breve periodo, ma anche la vita microbica infine non avrà speranze. Il nostro pianeta azzurro diventerà un mondo rovente e sterile, completamente avvolto da un manto di nubi, fino a che, miliardi di anni dopo, non verrà inglobato dal Sole trasformato in gigante rossa..
https://www.youtube.com/watch?v=RnsRRdYdXN0
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